Agli adolescenti non servono punizioni, ma una seconda chance
Autore: Anna Polgatti
18 Lug 2023 - Articoli, Interviste, News (adolescenza, educazione, preadolescenza, relazioni)
Gli adolescenti sbagliano, e l’errore è costitutivo del percorso di crescita. Ma la risposta degli adulti ai loro sbagli sembra voler essere sempre la stessa. Una risposta punitiva, che tende a stigmatizzare anziché spiegare, ad escludere invece che ad avvicinare. Intervista a Anna Polgatti, coordinatrice di casa accoglienza della comunità di recupero per giovanissimi poli-tossicodipendenti della Case del Giovane di Pavia.
Gli adolescenti sbagliano, e spesso a casa come a scuola, l’unica risposta all’errore è una chiusura verso gli adolescenti. A scuola soprattutto, un caso emblematico è quello della sospensione
La sospensione è per definizione un tempo sospeso, ma quel tempo va riempito e non svuotato. Non ci si può limitare a dire “ok non vieni a scuola”. Non ci si può limitare ad “allontanare il problema dalla scuola” senza intervenire alla radice, senza indagare le ragioni che hanno portato a quello sbaglio.
Rimaniamo sulla sospensione, come dovrebbe essere trasformata?
Può diventare, deve diventare, un tempo prezioso in cui i ragazzi e le ragazze lavorano su obiettivi precisi rispetto a un loro percorso appunto di consapevolezza. Un percorso di restituzione, anche di crescita positiva. Al centro di ascolto della Casa del giovane di Pavia abbiamo iniziato a costruire “percorsi di sospensione” che pretendono momenti di riflessione, singola e di gruppo.
Con quale obiettivo?
Non serve a niente creare il “ghetto dei ragazzi cattivi”. È invece fondamentale creare un contesto di scambio in cui i ragazzi, gli adolescenti in ricerca affrontino insieme tematiche importanti della loro vita. Uno spazio dove si faccia posto soprattutto alle domande. Interrogativa che spesso si assomigliano. Perciò teniamo insieme ragazzi allontanati dalla scuola, chi al centro viene per fare volontariato, chi il centro o la casa del giovane la frequentava già per questioni legate alle dipendenze. Si sta insieme, si riflette insieme e si scopre che punti di vista molto differenti hanno radici comuni e che i percorsi, a prescindere dall’origine, si possono incrociare.
È dall’incrocio che nasce la relazione?
Non solo nascono relazioni, ma relazioni importanti. Abbiamo ragazzi che hanno fatto un percorso di sospensione e che poi sono tornati al centro accompagnati dall’amico, portando insomma altre persone ad avere contatti con il centro, sia persone in difficoltà sia persone che a cui semplicemente volevano far conoscere una realtà diversa. Ecco credo che questa sia la vera strada da iniziare a percorrere.
E qual è il ruolo della scuola?
Certamente la scuola a non può fare tutto, ma deve cambiare approccio. Perché è lì che si incontrano il 90% degli adolescenti. E allora diventa prioritario creare una rete attorno ai contesti scolastici che possa veramente far fiorire una comunità educante di cui non solo i ragazzi ma tutta la società ha veramente bisogno.
La comunità educante può essere una risposta?
Sì, una risposta al disagio che avanza sempre di più e che ci può aiutare ad invertire la rotta e innescare meccanismi virtuosi che funzionano come cerchi concentrici.
In che senso?
È lo stesso meccanismo del ragazzo sospeso che frequenta il centro e poi torna al centro con l’amico. Quindi il ragazzo si prende in carico, la sua presa in carico equivale in qualche modo anche alla presa in carico della famiglia perché noi chiediamo ai familiari di essere presenti. Di aiutarci a capire i loro figli. Un altro cerchio è la scuola: andiamo nelle classi dei ragazzi sospesi e a quel punto la sospensione diventa un’occasione per tutta la classe per riflettere, per imparare cose nuove e rimettere in discussione le dinamiche a cui siamo abituati. Dinamiche che spesso sono conflittuali. Chiediamo certamente una partecipazione anche ai docenti e collaborazione per costruire insieme a loro uno strumento, un modo di operare, che possa in qualche modo rispondere al problema dei ragazzi, alla loro fragilità.