Basta chiudere gli adolescenti in un gabbia preconfezionata

Autore: Franco Taverna

5 Lug 2023 - News (, , , )

Basta chiudere gli adolescenti in un gabbia preconfezionata

Un bimbo di cinque anni morto morto nell’incidente di Casal Palocco, Roma. La cronaca è chiara: lo youtuber alla guida di una Lamborghini per una “challenge” è finito agli arresti domiciliari per aver travolto una Smart e provocato la morte di Manuel, 5 anni. Matteo Di Pietro ha 20 anni, ed è il creatore di The Borderline, un canale YouTube con oltre 600mila follower. Una tragedia che impone più di una riflessione. Intervista a Franco Taverna, responsabile area adolescenza della Fondazione Exodus di don Mazzi.

Che succede nella testa di un ragazzo poco più che adolescente davanti a un fatto così?

Immagino una presa di distanza immediata. Come se ci fosse un rendersi conto istantaneo di quello che può succedere quando si esagera, avere contezza delle drammatiche conseguenze. Credo siano le stesse sensazioni che provano gli amici dei ragazzi che muoiono in incidenti stradali causati dall’assunzione di alcol, di droghe o per eccesso di velocità.  Ma questa consapevolezza in genere svanisce in fretta.

C’è qualcosa che come società con gli adolescenti continuiamo a sbagliare?

Non sappiamo rappresentare l’adolescenza senza chiuderla in un gabbia preconfezionata. Quindi per la società gli adolescenti sono problematici, violenti, o “quando va bene” vengono raccontati solo come chiusi, isolati, con qualche deriva psichiatrica. 

E invece?

A mio parere questa rappresentazione dell’adolescenza è lontana dalla realtà. L’adolescente “brutto e cattivo, sconosciuto e un po’ pericoloso” è presente in tante narrazioni. Credo sia parte di una perversione consumistica, come se ci fosse all’interno un disegno preciso: tenere le persone in uno stato di allerta e tensione è il modo più efficace per controllare le persone, per mantenerle in uno stato di sudditanza. E questo vale anche per gli adolescenti. D’altronde è più facile raccontarli così che avere la pazienza di stare accanto a loro. Eppure ad ascoltare la loro voce viene fuori una ricchezza inaspettata. Quello di cui c’è davvero bisogno è che la società adulta, che la politica, si metta in ascolto vero senza fare programmi sulla testa degli adolescenti. Poi dobbiamo farci un’altra domanda…

Quale?

Chi trasmette ai ragazzi e alle ragazze l’esempio di questi atteggiamenti irresponsabili? Questi comportamenti non sono spesso il frutto, da parte loro, di un’osservazione della società adulta? C’è una relazione strettissima tra le due parti, una relazione che non si può negare. Basti pensare all’uso dei cellulari: quanto tempo lo usano gli adulti? Come stanno sui social? Il mondo della comunicazione, della finanza, della politica, non sono un po’ tutti dei challenges? 


Una soluzione esiste?


Dobbiamo andare a scovare dove stanno nascendo cose nuove, sfide positive e belle, e con coraggio valorizzarle. Avventurarsi, così come fanno gli adolescenti, su strade diverse. Siamo così immersi nella virtualizzazione che abbiamo anestetizzato anche le avventure pur di non correre rischi e di non farli correre a loro. E invece? I ragazzi che hanno provocato l’incidente non sono diversi da tanti altri che hanno esigenza di vivere, sperimentare avventure. Solo che non le hanno mai vissute e quindi che fanno? Si inventano queste sfide mortali. Il nostro compito di adulti è quello di creare con loro avventure positive, anche occasioni di sfida, ma reali, genuine che li mettano in contatto con l’umanità.